THE BUFFALO MILK: SOME CURIOSITIES

The average composition of buffalo milk has a fat content and protein higher than cow’s milk, increased by 16% in the first case and between 12 and 14% in the second. In addition to the higher percentages, the buffalo milk also contains an interesting salt content more rich in calcium, magnesium and inorganic phosphorus, compared to cow’s milk.

Another peculiarities of buffalo milk is also highlights a greater suitability for children, compared to cow’s milk, thanks to a better relationship between the content of calcium and phosphate, compared to those of sodium and potassium. The buffalo milk many times is preferred to that cattle for the quality of fat content higher than 7% and for solids-not-fat on average present in a variable percentage between 9 and 10.5%.

Big differences were noted for the high level of calcium in relation to low-cholesterol (0.64 versus 3.14 mg / g f

or cow’s milk).

 

Buffalo milk marks finally a higher content of natural antioxidants such as tocopherols and peroxidases, for this has been reported for its probiotic characteristics given the significant presence of immunoglobulins, lactoferrin, lactoperoxidase and lysozyme.

 

Nikkei. Japanese food the South American way. – Luiz Hara

Luiz_Hara

Disclaimer: I have met the author of this book and eaten at his home.

So that’s that out of the way, a bit unnecessary really as most people in the food business, whether critic or kitchen side, know each other if only to nod at. It’s a fairly small world and something of an incestuous one at that.

I’ve been looking forward to getting my hands on this book since I first heard the premise of it. Nikkei cooking always sounds like it should be a car crash of ‘M1 in the fog’ proportions – Japanese meets Brazilian – but while restaurants featuring Nikkei in the UK have not so far always tended to be great successes, done right it is very good.

Luis grew up in St Paulo, Brazil of Japanese and Italian parentage and came here in his late teens to pursue a career in banking. Getting tired, as so many young bankers do, of being phenomenally wealthy (joke) he turned to food and food blogging and supper clubs and has been extremely successful.

This is his first book. Over 100 recipes that go back to Nikkei’s roots. Nikkei food is not just about South American/Japanese, Nikkei is the food the Japanese cook wherever they happen to be, a marriage of Japanese cuisine and whatever is local.

So in South America you’ll find sashimi translated into tiraditos – raw fish cut into sashimi shape – and in maki acevichado, which resemble Californian rolls. A pasteis is a gyoza dumpling filled with chicken and cream and deep-fried. Pork ribs come coated in miso.

And of course it went the other way, as Luis points out in his thoughtful and well -researched introduction, the first Japanese to arrive in South America were used to mostly eating a fish diet and South America was rich in pork not fish and coffee had to replace tea as their daily drink.

The book has a wide variety of tastes for all tastes, from boneless short rib sliders with foie gras and kimchi mayo to suit burger lovers, to grilled seafood sushi with spicy chifa sauce to satisfy more grown up palates. Grilled aubergines with miso dengaku and mozzarella are a remarkable twist on an Italian classic, while monkfish, seafood and Yuzo Kosho, that characteristic Japanese ingredient of yuzu fruit with green chillies and salt, all cooked en papillote, is a robust dish that pops open with a flood of fragrant steam when served at the table.

The recipes here, as Luis explains, follow as much as possible the Japanese washoku menu philosophy of a balanced meal in nutrition but also in colour, flavour and presentation. And as he also says, no problem if you want to eat them just the way you prefer.

From home favourites to fancy dinner party dishes, the recipes never fail to excite and while some special ingredients are inevitably needed, a handy glossary of terms and suppliers means you needn’t feel anything is beyond your abilities.

Food fads come and go, but Nikkei is something that should put down roots in this nation. A fabulous fusion of flavours curated by a man who has the credentials and the credibility to make them work for any home cook.

www.foodepedia.co.uk

Formaggi che passione!

Formaggi che passione! E per seguire la sa passione Eleonora Baldwin gira l’Italia per conoscere i nostri migliori prodotti. Oggi la protagonista di A B Cheese su Gambero Rosso Channel ci porta in Campania per raccontarci mozzarella di bufala.

Il mio viaggio alla scoperta dei formaggi d’Italia, dai più noti ai meno conosciuti prosegue, e questa volta imbocco la Via Lattea direzione sud. I due formaggi che andrò ad approfondire questa volta sono la mia adorata mozzarella di bufala; e l’insolito e audace conciato romano, presidio Slow Food e frutto di una lavorazione antica, risalente agli albori della nostra tradizione agropastorale.

 

Mozzarella di Bufala Campana Dop

Fragrante, lattea, fresca – simbolo del nostro Paese – la mozzarella di bufala andrebbe eletta a tesoro dell’umanità. Associata a pomodori maturi, basilico fresco e olio d’oliva nella magica insalata caprese, oppure aggiunta a crudo su pizza, pastasciutte e minestre, o anche azzannata in purezza, la mozzarella di bufala non delude mai. È il latticino più famoso al mondo, ormai lo si può mangiare ovunque, e viene prodotto, più o meno scelleratamente, in tutto il mondo. In Italia i territori vocati sono sparsi per l’intero mezzogiorno, ma la vera mozzarella di bufala di origine protetta è campana.

 

Territorio

La mozzarella di bufala campana Dop è prodotta nell’intero territorio delle province di Caserta e Salerno, in provincia di Napoli nei comuni di Acerra, Giugliano in Campania, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, cardito, Frattamaggiore, Frattaminore, Mugnano; in provincia di Benevento nei comuni di Limatola, Dugenta, Amorosi. Il legame tra il prodotto e la zona è fondamentale. Un formaggio Dop deve essere prodotto con latte di animali allevati in zona, e le particolari qualità e caratteristiche del prodotto sono dovute esclusivamente all’ambiente geografico del suo luogo d’origine. Per legge questo significa non solo i fattori naturali ma anche quelli umani, quindi sia il clima e la qualità del suolo, che le conoscenze tecniche locali.

 

Storia

Sembra accertato che la mozzarella sia nata a Capua in provincia di Caserta, nel XII secolo per mano dei monaci di San Lorenzo. Ma il termine “mozzarella” sembra ritrovarsi per la prima volta citato in un libro di cucina pubblicato nel 1570 dal cuoco Scappi, a servizio della corte papale, che la cita nell’elenco della sua dispensa: “…capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte”.

 

Lavorazione

Per ottenere un chilo di mozzarella di bufala servono circa 4 litri e mezzo di latte, e dalla mungitura di una bufala si ottengono mediamente 12 litri di latte al giorno! Il latte per fare la mozzarella va lavorato entro 12 ore dalla mungitura: filtrato e scaldato a massimo 38° C con immissione diretta di vapore. La coagulazione del latte avviene con l’aggiunta di caglio liquido di vitello, lasciato agire per massimo 30 minuti. A questo punto la cagliata viene rotta in più fasi: la prima riduce la cagliata in grossi parallelepipedi, poi si procede con la seconda ulteriore rottura con il “ruotolo” – un bastone di legno alla cui estremità è fissato un disco di legno con la faccia esterna convessa – o con lo spino metallico. Infine, la cagliata viene tagliata in spesse fette con l’ausilio di un coltello o di un più tradizionale falcetto. La si mette poi a spurgare su un tavolo inclinato e a maturare ulteriormente per circa 15-30 minuti.

Dopo la rottura, la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero, e questa delicatissima fase è una delle variabili del processo che più influiscono sulla qualità della mozzarella. Come si stabilisce quando bloccare la maturazione della pasta e quindi procedere alla filatura? Il giusto grado di maturazione della cagliata si determina tramite un “saggio empirico di filatura” ovvero adoperando circa 100g di pasta maturata messi a fondere in acqua calda. La pasta fusa viene lavorata con un bastoncino e tirata con le mani: se la pasta si allunga in filamenti continui di lunghezza superiore ad un metro senza spezzarsi, si può considerare pronta per la filatura.

 

Filatura

Questa importante fase della lavorazione influisce enormemente sulla consistenza della mozzarella finita. Nella lavorazione tradizionale, la filatura della pasta viene ancora eseguita a mano. La pasta matura viene messa in un tino di legno leggermente inclinato nel quale viene fusa con aggiunta di acqua bollente. Con l’aiuto di una ciotola e di un bastone di legno, si solleva e si tira la pasta fusa, fino ad ottenere un enorme impasto omogeneo e lucido.

E a questo punto avviene la magia: la formatura finale delle mozzarelle. Negli stabilimenti che lavorano in maniera artigianale la formatura viene fatta a mano da due operatori messi uno di fronte all’altro separati da una vasca di raccolta. Uno “mozza” con il pollice e l’indice delle due mani, staccando dei pezzi di pasta filata da una massa globosa 2-3 Kg, sostenuta dall’altro operatore. Assistere alla manipolazione della pasta è affascinante. La cura, l’esperienza e i movimenti caratteristici che si concludono con la mozzatura di forme sempre uguali sono un balletto fatto di urgenza, passione e intuito. Le forme particolari come la tradizionale “treccia”, si ottengono invece intrecciando abilmente un segmento allungato di pasta filata piegato in tre parti.

 

Salamoia e assaggio

La salatura della mozzarella di bufala campana viene realizzata immergendo le mozzarelle in soluzioni saline a diversa concentrazione, per un tempo che varia da caseificio a caseificio.

Una volta estratta dalla salamoia e immersa nel liquido di governo, la mozzarella di bufala si può finalmente assaggiare. Il colore è bianco perlaceo e porcellanato, con una consistenza liscia e lucente, marcata dalla classica cicatrice a stella a tre punte ottenuta dalla mozzatura a mano. Addentata, cede in un’esplosione di gusto latteo, lievemente granulata, un tanto fibrosa e, al tempo stesso, evanescente e morbida. Scolando siero e provocando immediata felicità, la pasta filata è leggermente elastica nelle prime 8-10 ore dopo la produzione, dopo diventa più fondente. È bene ricordare che la mozzarella di bufala campana è un alimento con una “vita” breve, che possiede sapori e note aromatiche in continua evoluzione. Resta comunque il fatto che il gusto della mozzarella di bufala campana è inconfondibile.

Una raccomandazione: non conservate la mozzarella di bufala nel frigorifero! Se avanza, scolatela dal liquido di governo, e copritela con pellicola a contatto.

Filtering of buffalo milk

The milk used to be made into mozzarella from buffalo breeding carefully selected , it must be delivered to the cheese factory within 12 hours of milking and stored in containers that do not alter the organoleptic characteristics .
Before you work it, the milk is filtered so are disappearing all impurities .

Il Filtraggio del latte di bufala

Il latte utilizzato per essere trasformato in mozzarella,  proveniente da allevamenti bufalini attentamente selezionati, deve essere consegnato al caseificio entro 12 ore dalla mungitura ed immagazzinato in recipienti che non ne modificano le caratteristiche organolettiche.
Prima di lavorarlo, il latte viene filtrato affinchè vengano a scomparire  tutte le impurità.

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